RIFLESSIONI SULLA TELERIABILITAZIONE NEUROPSICOLOGICA DURANTE L’EMERGENZA COVID-19

Introduzione

Dall’inaspettata interruzione del percorso riabilitativo dei pazienti con disordini neuropsicologici a causa dei provvedimenti in materia di contenimento della diffusione del virus Covid-19, nasce l’opportunità di parlare di teleriabilitazione neuropsicologica, ovvero la trasposizione del setting e degli obiettivi riabilitativi “a domicilio”, senza che lo specialista riabilitatore sia fisicamente presente, con tutto il corollario di vantaggi e limiti che questo può comportare in contesti emergenziali, così come nell’abituale trattamento di questo tipo di pazienti.

Di seguito alcuni spunti di riflessione su argomenti concernenti il corretto ed efficace svolgimento della riabilitazione neuropsicologica in modalità telematica, secondo un modello client centred che tenga conto dei bisogni globali del paziente, da quelli strettamente connessi alle contingenze emergenziali, a quelli preesistenti relativi alla personale condizione di disabilità ed ai contesti di adattamento.

Cosa è la riabilitazione neuropsicologica?

La terapia ha lo scopo di favorire il recupero delle funzioni cognitive compromesse o il compenso dei deficit e dei disturbi comportamentali associati mediante adeguate strategie, di potenziare le risorse residue della persona o rallentarne l’impoverimento, di incrementare la consapevolezza del proprio funzionamento, limitando le ricadute funzionali di alcuni deficit cognitivi/comportamentali nella vita quotidiana. Infine, prendendo in carico la Persona, non tralascia la sfera emotiva e relazionale associata e non al danno funzionale.

Cosa è la teleriabilitazione neuropsicologica?

La teleriabilitazione nasce nel 1997 quando il National Institute on Disability and Rehabilitation Research (U.S. Department of Education) indirizzò la priorità degli studi del Rehabilitation Engineering Research Center (RERC) verso attività quali:
1. Lo sviluppo e la valutazione di tecniche di telecomunicazione per fornire servizi a distanza di addestramento, educazione e consulenza riabilitativa;

2. Lo sviluppo e la valutazione di tecnologie per la diagnosi e il monitoraggio del processo di riabilitazione ed il raggiungimento degli obiettivi a distanza;
3. Lo sviluppo e la valutazione di tecnologie per l’intervento terapeutico a distanza;
4. Lo svolgimento di ricerche per l’applicazione della realtà virtuale alla riabilitazione (Winters, 2002).

La teleriabilitazione consiste nell’utilizzo di tecnologie informatiche a casa e nell’ambiente di vita del paziente per la riabilitazione, senza che lo specialista sia fisicamente presente. L’accesso a tali tecnologie può avvenire attraverso il pc o il telefono, digitando sulla tastiera o parlando in linea con lo specialista, fino ad arrivare a metodiche che implicano la realtà virtuale.

Recentemente il numero di programmi di teleriabilitazione è progressivamente aumentato, di pari passo con l’attenzione rivolta alle potenzialità degli sviluppi tecnologici che permettono attività riabilitative affidabili. Tali attività possono includere, per esempio, il monitoraggio da remoto, l’adattamento dei protocolli riabilitativi, la formazione di familiari e professionisti.

Non è trascurabile sottolineare che, trattandosi di tele riabilitazione neuropsicologica, ciò che deve passare attraverso tali canali non sono solo strumenti, metodi e tecniche volte al recupero e/o compenso di una o più funzioni cognitive danneggiate, ma anche la fondamentale relazione terapeutica su cui si fonda il contratto con il paziente che mira al raggiungimento degli obiettivi concordati e, più in generale, al raggiungimento del miglior livello di qualità della vita (Quality of Life; QoL) e benessere possibile.

Qual è la strumentazione tecnologica basilare necessaria?

Le tecnologie usate per la teleriabilitazione comprendono 3 ampie categorie:
1) attività basate sull’immagine come videoconferenze, con o senza strumenti visivi, per il counseling, per la diagnosi motoria o per attività di riabilitazione;
2) attività basate sui sistemi sensoriali percettivi che coinvolgono l’uso di sensori come gli accelerometri per il monitoraggio dei risultati o la diagnosi;
3) ambienti virtuali o realtà virtuale che riguardano l’uso dei video-giochi e di tecnologie della realtà virtuale come il tracking e l’interazione realistica sia in ambito valutativo che riabilitativo (Lange et al., 2009).
Questi tipi di tecnologie presuppongono la disponibilità di supporti hardware, software e applicazioni, in molti casi all’avanguardia, sia da parte del fruitore che da parte dell’erogatore del servizio di telemedicina. Al momento attuale, il Rapporto ISS COVID-19 n. 12/2020 fornisce indicazioni sui requisiti da valutare prima di attivare un servizio assistenziale in telemedicina in situazione emergenziale. Viene suggerito di procedere raccogliendo informazioni su:
-connettività al domicilio del paziente (collegamento WiFi o via cavo, che qualità di connessione, che tipo di dispositivi digitali, quali smartphone, tablet, laptop, sono collegabili in rete…);
-connettività della postazione da dove agisce il professionista; in particolare, qualora questi lavori dal proprio domicilio, verificare le reali possibilità della rete locale di sostenere il traffico dati in download e upload.

Chi fa la teleriabilitazione neuropsicologica? Quali competenze sono necessarie per progettare, monitorare e svolgere un intervento neuropsicologico in teleriabilitazione?

Il professionista psicologo coinvolto nella teleriabilitazione neuropsicologica possiede una formazione ed una esperienza tali da permettergli di fare un accurato bilancio delle caratteristiche, dei deficit, dei requisiti personali, ambientali e relazionali che il destinatario del trattamento deve avere per massimizzare l’efficacia dell’intervento. Sarà infatti colui che non solo decide chi candidare al trattamento in teleriabilitazione, ma anche colui che seleziona le

modalità e i materiali più adatti, modifica gli obiettivi per gli aspetti legati al cambio di setting ed alla fattispecie del momento emergenziale.
La normativa non indica i requisiti che deve possedere il professionista, l’unico punto di riferimento in Italia deriva dalle raccomandazioni della Consensus Conference nazionale sulla riabilitazione (Siena 2010) che identifica come figura elettiva per la riabilitazione neuropsicologica lo psicologo Specialista in Neuropsicologia (D.M. dell’Università e Ricerca del 24 luglio 2006).

A chi è rivolta?

L’utenza alla quale la teleriabilitazione può essere rivolta appare del tutto eterogenea all’esame della letteratura disponibile (che, precisiamo, fa unicamente riferimento a situazioni non emergenziali). Non emergono specifiche indicazioni concernenti le caratteristiche, cliniche e non, che si devono tenere in considerazione per svolgere una efficace teleriabilitazione neuropsicologica (tipo e gravità dei deficit, tempo dall’esordio, caratteristiche dell’ambiente fisico-sociale in cui vive il paziente, etc.), né per ciò che riguarda variabili come età e scolarità, caratteristiche di personalità e psicopatologiche (es. ansia).

Nonostante la carenza di dati in merito, dunque, rimane importante considerare i seguenti fattori che influiscono sulla riuscita ed efficacia del trattamento:
– motivazione e grado di coinvolgimento del paziente (nel caso del paziente adulto tener conto anche del grado di condivisione degli obiettivi);

– supporto ambientale (condizioni tecniche e fisiche, come una stanza tranquilla in cui lavorare, e sociali, queste ultime indispensabili in età evolutiva, dove il ruolo dei genitori è determinante, così come in età avanzata se non si ha dimestichezza con lo strumento da usare);

– tipo di difficoltà (linguaggio, attenzione, memoria, disregolazione comportamentale e/o emotiva, neglect etc.;)
– consapevolezza della difficoltà (la presenza di questa variabile, come della motivazione e del tipo di deficit, è determinante nella scelta di affidare delle attività da svolgere in autonomia oppure con affiancamento).

Tuttavia alcuni dati sulla teleriabilitazione motoria possono aiutare a riflettere su una variabile particolare, ovvero la motivazione che, oltre ad essere il presupposto per lo svolgimento e la

buona riuscita dell’attività riabilitativa, risulta beneficiare in modo particolare dall’uso di mezzi tecnologici e telematici. Le attività sotto forma di video-gioco, per esempio, risultano motivanti e di incremento di funzioni neuropsicologiche (immagine corporea, abilità di pianificazione, etc.), in modo particolare per pazienti con patologie croniche; ciò è ancor più vero per compiti di realtà virtuale che coinvolgono attività ecologiche. La concentrazione del paziente è orientata al compito piuttosto che alla propria disabilità e un’alta frequenza di allenamento induce cambiamenti plastici del sistema nervoso (Lange et al., 2009).

Una discussione particolare sarebbe da dedicare, e non ve ne è invece traccia nelle ricerche esaminate, a tutte quelle situazioni in cui il destinatario della teleriabilitazione non è sufficientemente competente o compliante per gestire lo strumento attraverso il quale si effettua la seduta (pc, tablet, telefono, ma anche gli accessori eventualmente richiesti come cuffie, videocamera, visore 3d….).

In tutti questi casi l’esperienza del professionista può far decidere per un coinvolgimento diretto del caregiver o un suo apporto più limitato all’occorrenza. In molti casi si potrà prefigurare una fase preliminare di formazione del caregiver sull’uso delle apparecchiature previste, per poi lasciare alla sua supervisione la predisposizione delle stesse in procinto del collegamento tra paziente e professionista. In altre situazioni, il professionista svolgerà la seduta con la presenza del caregiver accanto al paziente che, per ragioni di ordine comportamentale, attentivo-motorio o psicopatologico, potrebbe faticare a seguire la seduta di teleriabilitazione in autonomia. Infine, quadri clinici particolarmente complessi potrebbero chiamare il professionista a valutare la possibilità di effettuare consulenze a distanza con il caregiver per fornirgli istruzioni sulla gestione di attività cognitive o routinarie e sulle problematicità comportamentali, suggerimenti psico-educativi, sostegno psicologico, nell’impossibilità di coinvolgere il paziente in un progetto in teleriabilitazione.

Quali sono, se esistono, i modelli e gli esercizi di tele riabilitazione neuropsicologica di comprovata efficacia?

Anche la disamina della letteratura sulla teleriabilitazione neuropsicologica conferma che non c’è consuetudine ad esplicitare a quale modello di funzionamento cognitivo far riferimento per proporre un determinato progetto riabilitativo.

In linea generale, in nome di una corretta personalizzazione del progetto riabilitativo, i compiti previsti variano da paziente a paziente e le attività da proporre saranno progettate in base alle specifiche esigenze/caratteristiche del paziente, tenendo conto anche delle risorse e dei limiti ambientali e strutturali.

Tuttavia, è indispensabile sottolineare che le attività e i compiti utilizzati non debbano essere neanche lontanamente simili alle prove che vengono usate in fase di valutazione/diagnosi neuropsicologica, e che lo svolgimento della riabilitazione neuropsicologica, sia essa in modalità classica o telematica, non sia ridotto ad una mera somministrazione di esercizi, bensì rimanga un articolato e mirato percorso che va dall’inquadramento dei bisogni della Persona (come già ricordato), alla focalizzazione su obiettivi condivisi e declinati a vari livelli (recupero/potenziamento/compenso di una o più funzioni cognitive, autonomie personali, domestiche, sociali etc.) fino al perseguimento del massimo grado di adattamento possibile alla vita quotidiana.

Quando proporre la teleriabilitazione neuropsicologica?

La teleriabilitazione neuropsicologica può essere indicata dopo un percorso riabilitativo di tipo intensivo, seguito presso una Struttura o Reparto di Neuroriabilitazione, al fine di mantenere i risultati ottenuti, potenziare altre funzioni cognitive e/o raggiungere altri obiettivi, monitorare il funzionamento quotidiano rispetto ad attività cognitive e comportamentali, al comportamento emotivo ed alla generalizzazione degli apprendimenti; può essere suggerita a chi non può accedere alle Strutture Neuroriabilitative, dopo eventi acuti, perché non rispondenti a tutti i requisiti previsti per l’accesso a tali Strutture (quali l’assenza di problematiche motorie e/o laddove le problematiche cognitive non vengano opportunamente valutate ed approfondite) o per mancanza di posti di ricovero; oppure a pazienti che, al termine del percorso riabilitativo prescritto e, al rientro nella propria residenza, non dispongono di Servizi o Distretti nel Comune di appartenenza che forniscono la riabilitazione neuropsicologica; o ancora, in situazioni di conclamata emergenza, quale quella che stiamo vivendo, che impedisce ai pazienti di rientrare nella Struttura Riabilitativa dopo una dimissione temporanea, per misure cautelative che interrompono il progetto riabilitativo preventivato.

Da non dimenticare, infine, l’ampio ventaglio del trattamento dei disturbi del neurosviluppo. In questo caso, oltre che per le stesse motivazioni emergenziali sopra citate, la diffusione di tecniche di teleriabilitazione potrebbe rivelarsi un potenziale enorme per una serie di ricadute sui costi per le famiglie in lista di attesa presso centri accreditati, su consolidamento e generalizzazione di obiettivi a medio termine nell’intervallo tra un ciclo riabilitativo e l’altro, sull’acquisizione di maggiori autonomie, sulla continuità dell’intervento casa-scuola- riabilitazione attraverso l’opportuno coinvolgimento ed addestramento dei genitori.

Quanto? Che frequenza e che durata dovrebbe avere una tele riabilitazione neuropsicologica efficace?

Anche consultando i database più rigorosi e sistematici,non si hanno raccomandazioni specifiche in questo senso sullo svolgimento della teleriabilitazione neuropsicologica; pertanto si presume corretto applicare gli stessi criteri tipicamente previsti nella riabilitazione neuropsicologica tradizionale come, ad esempio, la raccomandazione di un minimo di 3 trattamenti a settimana e lavoro quotidiano in autonomia.

In mancanza di indicazioni ufficiali da fonti basate sull’evidenza è la specializzazione del professionista psicologo a fare la differenza nel fornire le indicazioni relative alla frequenza e alla durata tenendo conto di un set di variabili relative al paziente e al suo contesto di vita.
È importante che il professionista, nella relazione terapeutica, espliciti le necessità del paziente anche se il servizio a cui appartiene o le sue disponibilità in orario non permettono di soddisfarle.

Qual è l’efficacia dimostrata?

Probabilmente a causa della breve storia delle tecniche di riabilitazione rivolteal paziente neurologico, gli approcci alla telerabilitazione non sono chiaramente definiti e non hanno basi teoriche concrete (Peretti et al., 2017). Pur essendo noti singoli studi sull’efficacia, sono invece poche le review e le metanalisi che potrebbero chiarire ed arricchire le conoscenze sull’utilizzo appropriato ed efficace della teleriabilitazione nel trattamento dei disturbi neuropsicologici in

supporto/alternativa al trattamento standard anche in contesti emergenziali, come quello attualmente in atto.
Una recente revisione (Sarfo et al., 2018) rintraccia due studi che hanno dimostrato la fattibilità degli interventi computerizzati per il recupero di “disfunzioni corticali superiori” dopo l’ictus con miglioramenti dei deficit, anche se non significativamente diversi dai gruppi di controllo, l’uno rivolto a pazienti afasici trattati esclusivamente in teleriabilitazione, (Woolf et al., 2016) e l’altro rivolto a pazienti con neglect (Aparicio-López et al., 2016). La review identifica poi altri due studi che dimostrano miglioramenti attraverso un trattamento in teleriabilitazione della depressione post-stroke ma, anche in questo caso, senza significative differenze dai gruppi di controllo (Linder et al., 2015; Smith et al., 2012).

Dal punto di vista metodologico, poi, le poche revisioni disponibili sono limitate dall’aver assemblato studi eterogenei rispetto a tipologia della patologia e a tipologia dell’intervento (Rogante et al., 2015). I dati provenienti da indagini sull’applicazione della teleriabilitazione in aree sguarnite da servizi di trattamento diretto, invece, prendono in considerazione altri tipi di outcome, principalmente quelli relativi ai costi, alla qualità della vita e al livello di soddisfazione, rispetto ai quali i diversi articoli hanno documentato un beneficio nel confronto con l’attività riabilitativa face-to-face (Zhou, Parmanto, 2019). È possibile ipotizzare che il risparmio per chi eroga il trattamento corrisponda, in molte realtà come forse anche quella italiana, ad uno scarso investimento su strumentazioni e software a fronte di oneri di spostamento a carico del paziente.

Pertanto, i dati finora disponibili possono solo avallare l’utilità di un trattamento in remoto ma non dimostrarne l’efficacia con una significativa rilevanza statistica rispetto alla riabilitazione neuropsicologica con modalità classica individuale o di gruppo, alla generalizzazione alle attività quotidiane e la valenza ecologica, né rispetto alla durata e stabilità dei risultati raggiunti.

Quali sono i vantaggi e i limiti della teleriabilitazione neuropsicologica?

La letteratura scientifica attribuisce alla teleriabilitazione i seguenti vantaggi: – fornisce servizi di cura nelle aree rurali;
– aumenta le possibilità di riabilitazione e di continuità riabilitativa;
– migliora la qualità della vita del paziente e del nucleo familiare;

– riduce i costi delle cure;
– riduce i tempi di viaggio e conseguentemente l’inquinamento imputabile agli spostamenti (Rogante et al., 2010).
Contemporaneamente sono evidenti numerosi limiti alla diffusione e ad un uso controllato dello strumento teleriabilitativo, non solo alla luce dell’ancora ridotta disponibilità di prove sull’efficacia ma anche per ragioni di più immediata applicazione pratica per il professionista e per il paziente stesso:
– pazienti e psicologi senza una precedente conoscenza del funzionamento di alcuni programmi computerizzati possono avere difficoltà ad usufruire in modo proficuo di tale tecnologia in ambito riabilitativo;
– maggiore difficoltà nello stabilire un contatto e nel creare e mantenere una valida relazione terapeutica, cosa che nel face-to-face è più facilmente veicolata soprattutto attraverso il canale non verbale;
– la necessità per il paziente di trovare dentro casa uno spazio di privacy o anche più in generale un posto dove potersi concentrare;
-dalle recenti revisioni della letteratura esaminate cosi come dai singoli studi, i quali singolarmente non possono supportare l’eleggibilità di tale paradigma di lavoro rispetto al metodo standard face-to-face, emerge comunque che i nuovi sistemi basati sulla ICT (information and communication technology) rappresentano il futuro della riabilitazione cognitiva (Cogollor et al., 2018).
Per tutte queste ragioni sarà necessario uno sforzo per iniziative su larga scala di ricerca e valutazione dell’efficacia e di investimento nell’EHealth ed in piattaforme più sofisticate ma anche maneggevoli e facilmente disponibili.

Quali sono le implicazioni per la privacy?

I sistemi VOIP (Voice over the Internet Protocol) come Skype, Zoom, Meet e altre piattaforme (vedi anche comunicazione CNOP https://www.psy.it/strumenti-per-interventi-a-distanza), possono includere l’uso di software per la teleriabilitazione attraverso una videoconferenza tra psicologo e paziente. Inevitabilmente questi protocolli sollevano, da parte delle agenzie per la salute e dei tecnici della tecnologia informatica, questioni inerenti la protezione dei dati ad

almeno tre livelli: quello della confidenzialità, cioè la necessità di mantenere le informazioni sicure e riservate, dell’integrità, che cioè rimangano inalterate in caso di utilizzo non autorizzato, e della disponibilità, all’occorrenza, delle informazioni e dei servizi garantiti. Il pericolo di attacchi da parte di hacker esiste anche quando il telefono viene spento e poi reimmesso in rete.

La materia è del tutto nuova e complessa ed al momento si possono solo indicare delle raccomandazioni generali su come ridurre le vulnerabilità descritte (Watzlaf et al., 2010), incluse:
– la predisposizione di personale legale e sanitario che monitori costantemente nelle sue rapide evoluzioni i sistemi VoIP affinché rispettino i regolamenti locali e internazionali sulla privacy;

– la formazione ed educazione dei professionisti della riabilitazione nell’applicazione di norme di sicurezza della privacy, così come della qualità ed affidabilità della prestazione in videoconferenza, sfidando il rischio di sopravvalutare i benefici che la teleriabilitazione potrà avere rispetto alla sicurezza dei dati sensibili;

– lo sviluppo di un modulo di consenso informato che spieghi la terapia che verrà fornita ed i suoi vantaggi, come verrà utilizzato il software tecnologico per la comunicazione in videoconferenza e perché, nonché i rischi relativi alla privacy e alla sicurezza.
Per ciò che concerne le normative italiane si rimanda al documento del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (https://d66rp9rxjwtwy.cloudfront.net/wp- content/uploads/2018/05/Versione-aggiornata16_51-1.pdf), al DL per l’adeguamento alla normativa europea riguardante il trattamento dei dati personali (https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPub blicazioneGazzetta=2018-09-04&atto.codiceRedazionale=18G00129&elenco30giorni=trueed ai relativi regolamenti interni dell’azienda o istituzione presso la quale ciascun professionista lavora. Infine, nel sito web ISS è pubblicato un documento informativo dedicato al personale sanitario Nazionale sulla Cyber security nei servizi sanitari scaricabile da: https://www.iss.it/documents/20126/0/Buone+pratiche+per+la+sicurezza+informatica+nei+seri vizi+sanitari+17+06+ 2019.pdf/e4e4a032-a489-b8df-f25c-602ebbb38e85?t=1582512681887

Conclusioni

Al termine di questo breve esame dello stato dell’arte in tema di teleriabilitazione applicata alla neuropsicologia, che ha preso le mosse in ragione delle circostanze eccezionali in cui versa la sanità mondiale in questo momento, si apre una moltitudine di scenari che ci auguriamo possano essere attentamente approfonditi dalla comunità professionale e scientifica. Con uno sforzo di sintesi e nello stile con cui si è sviluppata tutta questa trattazione, lasciamo a due ultimi interrogativi la prerogativa di alimentare la ricerca e lo sviluppo sulla teleriabilitazione neuropsicologica:

-Può la teleriabilitazione neuropsicologica essere considerata già una tipologia di trattamento utilizzabile nella normale pratica clinica o deve ritenersi uno strumento eleggibile solo in condizioni di emergenza e di impossibilità alla vicinanza fisica?

-È pensabile ricorrere alla teleriabilitazione in supporto, in alternanza, in mantenimento alla riabilitazione neuropsicologica tradizionale o utilizzarla come valida alternativa ad essa?

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